Per iniziare il 2024 nel modo giusto
Iniziamo il 2024 con sei buone notizie per la natura!
Non c’è modo migliore di iniziare il nuovo anno con un po’ di buone notizie per la natura. Ecco 6 successi di conservazione di cui il WWF è stato protagonista in Italia e nel mondo nell’ultimo anno, che ci danno speranza per proteggere i nostri ecosistemi e le specie a rischio anche per tutto il 2024 e per gli anni che verranno.
1. Le tigri sono in aumento
La prima vittoria per la conservazione delle specie a rischio ha come protagonista la tigre. Mentre nel 2010 si contavano in natura solo 3.200 tigri, a luglio 2023 il Global Tiger Forum ha stimato complessivamente un totale di 5.574 tigri, con un aumento del 74% rispetto a 13 anni fa. I maggiori successi in Bhutan, dove l’ultima indagine ha registrato un aumento del 27% nelle popolazioni di tigri: sono attualmente 131, ben 28 in più rispetto all’ultimo rilevamento datato 2015. Questo studio ha interessato l’85% della superficie del Paese e le tigri sono state individuate dal 15% delle 1.201 fototrappole posizionate nell’area di studio. Il Bhutan detiene il record mondiale di avvistamenti di tigri alle quote più elevate (oltre i 4.400 metri), e questa indagine conferma che questi iconici felini si riproducono a diverse altitudini. Oltre a stimare la popolazione di tigri nel Paese, l’indagine ha identificato le principali minacce per i grandi felini. Bracconaggio, perdita di habitat e conflitti tra uomo e fauna selvatica rappresentano ancora oggi un pericolo per la sopravvivenza della specie. Anche in India la popolazione è in crescita: secondo l’ultimo censimento nel Paese vivono 3.167 tigri, 200 in più rispetto a quattro anni fa. Questo risultato dimostra che il lavoro congiunto del governo e di numerosi partner, tra cui il WWF, ha determinato un significativo passo avanti nella tutela della specie. Le tigri però sono ancora in pericolo a causa del bracconaggio, che rivende a peso d’oro sul mercato clandestino la pelle e le altre parti del loro corpo, utilizzate come ingredienti nella medicina tradizionale orientale. Anche la frammentazione dell’habitat minaccia la sopravvivenza della tigre, per questo l’impegno per la sua tutela deve continuare e continuerà grazie anche al lavoro del WWF e al supporto dei suoi sostenitori.
I cambiamenti climatici stanno alterando le nostre foreste?
Le ondate di siccità e calore sempre più estreme causate dai cambiamenti climatici, stanno provocando in tutto il mondo un aumento dei fenomeni di deperimento e mortalità nelle foreste. Un incremento di eventi climatici estremi si è registrato soprattutto in area mediterranea. Da uno studio condotto su un popolamento artificiale di abete bianco nel comune di Savoia di Lucania (PZ), si evince come le piante mostrino una discreta resistenza agli eventi siccitosi e un buon recupero, ripristinando le performance di crescita pre-siccità.
Lo studio del mio lavoro di tesi di Laurea Triennale in Scienze Forestali ed Ambientali ha preso in esame un bosco misto di conifere da rimboschimento di circa quarant’anni, prevalentemente costituito da abete bianco (Abies alba Miller) e pino marittimo (Pinus pinaster Aiton), sito in Basilicata, nel comune di Savoia di Lucania (PZ), in località “Grotta dell’Angelo”. Si è deciso di concentrare l’attenzione sull’abete bianco poiché è risultata essere la specie maggiormente presente nell’area oggetto di studio e poiché si è ipotizzato che avesse potuto risentire maggiormente dei periodi siccitosi e di stress idrico, trattandosi di un popolamento artificiale e trovandosi ai limiti del suo areale di distribuzione. L’abete bianco, inoltre, essendo una specie spiccatamente mesofila, esigente di umidità durante la stagione vegetativa e nei mesi estivi, potrebbe aver risentito in modo significativo della riduzione delle precipitazioni e della siccità estiva.
L’obiettivo è stato quello di valutare le risposte del popolamento alla siccità tramite l’analisi delle performance di crescita radiale (dunque tramite lo studio delle ampiezze degli anelli annuali di accrescimento), confrontate con i dati climatici (che coprono un periodo di nove anni, che va dal 2012 al 2021), e la stima della resilienza, definita in generale come la capacità di un ecosistema, di una comunità o di un individuo di riprendersi dopo un disturbo e di riacquistare la struttura e la funzione precedenti al disturbo (Scheffer et al., 2001; Folke et al., 2004).
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